martedì 31 luglio 2012

LEGGE ELETTORALE: ISTRUZIONI PER L'USO.


Si parla moltissimo in questi giorni delle future (più o meno vicine) elezioni politiche. E si parla anche di legge elettorale. Il Parlamento promette che non torneremo a votare con il cd. Porcellum. Ma a parte questo, quanti di noi sanno esattamente come funziona l’attuale legge elettorale? La legge 270 del 2005, detta Legge Calderoli, è meglio conosciuta come Porcellum dopo che lo stesso Calderoli, che l’aveva promossa e voluta, la definì una porcata. Si tratta, in sintesi, di una legge che stabilisce quello che potremo definire come un sistema proporzionale corretto. Le diverse coalizioni o partiti presentano delle liste di candidati “bloccate”. Questo significa che non si esprimono preferenze, ossia che si può scegliere solo quale coalizione votare: la persona che sarà eletta verrà determinata in base all’ordine deciso a priori dalla coalizione stessa. Si perde così parte della libertà del voto e si diminuisce la rappresentatività del Parlamento, dal momento che gli elettori non scelgono concretamente le persone che saranno elette. Ogni candidato potrà essere incluso in più collegi, di modo che se la coalizione non raggiunge in quel collegio la quantità di voti necessaria affinché quella persona venga eletta, questa ha possibilità di essere eletta in un altro collegio (come una sorta di ripescaggio). Per la Camera dei Deputati è previsto un premio di maggioranza che garantisce un minimo di 340 su 630 seggi alla coalizione vincente, indipendentemente dalla percentuale di voti con cui la coalizione ha vinto. Questo assicura alla coalizione o al partito vincitore una forte maggioranza (la maggioranza per le deliberazioni della Camera dei Deputati è 316 su 630) che si traduce in stabilità e maggiore facilità a governare. Apparentemente molto bene, ma in realtà significa anche che se il partito (o la coalizione) che ha ottenuto più voti è stato votato, per esempio, dal 20% della popolazione (e nessun altro partito/coalizione ha raggiunto questa percentuale), questo diventerà il partito di maggioranza in Parlamento e il partito al Governo, pur rappresentando solo 1/5 della popolazione nazionale!
Al Senato della Repubblica, invece funziona diversamente, in virtù del fatto che il Senato è una camera eletta su base regionale. Quindi in ogni regione la coalizione o partito che ha ottenuto la maggioranza dei voti si vedrà assegnato il 55% dei seggi disponibili per il suo territorio. Anche in questo caso vale il rilevo fatto sopra in relazione alla Camera dei Deputati: il premio di maggioranza viene attribuito indipendentemente dalla percentuale di voti ottenuti, basta che sia la percentuale più alta.
Esistono, inoltre, le cd. regole di sbarramento, ossia quelle percentuali minime di voti richieste perché una coalizione possa entrare in Parlamento (ossia partecipare alla spartizione dei seggi): alla Camera dei Deputati è richiesto un minimo del 10% dei voti per le coalizioni e del 4% per le liste non coalizzate, mentre al Senato lo sbarramento è al 20 % per le coalizioni e all’8% per le liste non coalizzate. La legge, infine, ha introdotto la novità delle circoscrizioni estere attraverso le quali si eleggono 12 seggi alla Camera dei Deputati (6 in Europa, 3 in America Meridionale, 2 in America Settentrionale e Centrale, 1 in Africa, Asia, Oceania e Antartide) e 6 seggi al Senato della Repubblica (2 in Europa, 2 in America Meridionale, 1 in America Settentrionale e Centrale, 1 in Africa, Asia, Oceania e Antartide).
In questo post ho pensato fosse utile dare uno schema generale sul funzionamento delle legge elettorale attuale, sia per permettere a chi non “mastica il giuridichese” di capire qualcosa in più sul come viene a concretizzarsi il suo diritto di voto, sia per poter poi commentare questa legge nel prossimo post, o insieme a quelli di voi che vorranno commentare con i loro pareri e le loro opinioni.

sabato 21 luglio 2012

PERCHÈ IL MATRIMONIO OMOSESSUALE (per adesso) NON SI PUÒ FARE

In questi ultimi due giorni ho letto su giornali, siti web e social network, molte critiche alla posizione sostenuta dal Partito Democratico, e in particolare dal suo Presidente, l'On. Rosy Bindi, sul matrimonio omosessuale. Si contesta a questo partito, che si definisce di sinistra, la mancanza di un progetto di regolamentazione giuridica dei matrimoni omosessuali. Il partito in questione, infatti, ha deciso di portare avanti la battaglia per il riconoscimento delle unioni di fatto, ma di abbandonare, almeno per il momento, i tentativi di dare alle coppie omosessuali la possibilità di sposarsi. Da questa decisione sono partite le accuse di omofobia, sessuofobia e mancanza di laicità.
Premetto che non sono a conoscenza delle reali motivazioni che hanno portato questo partito a questa decisione, quindi non posso dirvi se hanno o no ragione. Quello che posso dirvi, però, è che partendo da premesse che non conosco (e quindi non giudico) il Partito Democratico è arrivato a una “saggia decisione”. Il matrimonio omosessuale, infatti, è incostituzionale. Ma, attenzione, non è incostituzionale perché io sono cattolica, omofoba o sessuofoba, lo è perché lo ha detto la Corte Costituzionale. Cosa voglio dire: voglio dire semplicemente che dopo una sentenza come la n. 138/2010 (se volete saperne di più leggete il post sulle coppie omosessuali) sarebbe inutile proporre una legge sul matrimonio omosessuale, dal momento che la Corte Costituzionale la dichiarerebbe incostituzionale alla prima occasione (sempre che il Parlamento, consapevole dell'interpretazione data dalla Corte, non si rifiuti a priori di adottarla). La sentenza della Corte ci dice che questo non è (speriamo solo, ancora) il momento storico per riconoscere alle coppie omosessuali il diritto di sposarsi. Quella data dalla Corte è una interpretazione dell'articolo 29 della Costituzione, di tipo storico, legata cioè a quella che era l'intenzione del Costituente quando ha scritto la Costituzione. Ma la Costituzione è fatta per essere interpretata in maniera evolutiva, di modo che si adatti alle esigenze e alle richieste della società. Il problema è dato dal fatto che la Corte Costituzionale è interprete ultimo e preferenziale della Costituzione, non c'è nessuno sopra di lei che possa sanzionarne l'operato, quindi finchè la Corte Costituzionale non cambierà la sua opinione (interpretazione) sui matrimoni omosessuali, questi saranno considerati incostituzionali, perciò proporre o approvare una legge di questo tipo significherebbe proporre o approvare una legge comunque destinata ad essere dichiarata incostituzionale.

COPPIE OMOSESSUALI: COSA HA DETTO LA CORTE COSTITUZIONALE?

Per le coppie omosessuali vale, in linea di massima, il discorso che abbiamo fatto per le coppie di fatto. Infatti la convivenza tra persone dello stesso sesso rientra sicuramente nella tutela dell’articolo 2 della Costituzione (“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (…)” ), ma il problema è che, sicuramente, almeno per adesso, non può godere del regime giuridico dell’articolo 29 (“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”). Questo vuol dire che, mentre le coppie di conviventi di sesso diverso potranno comunque (anche se non era quello che avrebbero desiderato) assicurarsi tutele e garanzie attraverso il matrimonio, questa possibilità è negata per le coppie omosessuali. Senza l’adozione da parte del Parlamento di una legge che riconosca i diritti delle coppie di fatto, le persone delle stesso sesso non hanno nessuna possibilità di garantirsi diritti reciproci. Infatti, la Corte Costituzionale con la sentenza 138 del 2010 ha negato la possibilità di riconoscere i matrimoni omosessuali nel nostro paese. Il caso era quello di una coppia omosessuale che, sposatasi all’estero, chiedeva la trascrizione del matrimonio in Italia. La Corte pur riconoscendo che l’unione omosessuale rientra tra le formazioni sociali dell’articolo 2 e quindi merita tutela e riconoscimento da parte del Parlamento (con i suoi temi e modi), ha affermato che nonostante questo l’interpretazione dell’articolo 29 della Costituzione in tema di matrimonio “non può spingersi fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata. Infatti, come risulta dai citati lavori preparatori, la questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di Assemblea, benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta”. La Corte Costituzionale ha negato, quindi, la legittimità dei matrimonio omosessuale nel nostro paese poiché quando la Costituzione è stata scritta il Legislatore, pensando al matrimonio, pensava sicuramente al matrimonio tra persone di sesso diverso. Questa è l’attuale interpretazione della Corte Costituzionale. Non è escluso, però, che la Corte cambi, prima o poi, idea. Ad ogni modo, attualmente, la Corte Costituzionale non ritiene di poter interpretare la Costituzione in maniera così evolutiva (tanto che i giudici hanno parlato addirittura di interpretazione creativa) da riconoscere che il matrimonio dell’articolo 29 della Costituzione possa essere anche quello tra persone dello stesso sesso.

venerdì 20 luglio 2012

COPPIE DI FATTO, QUAL È VERAMENTE IL PUNTO?

Il primo post di questo mio blog lo dedico alla tematica delle coppie di fatto. Sia ieri che oggi se ne è parlato sui giornali.
Non farò politica, ma vi dirò cosa dice la nostra Costituzione. E cercherò di dirvelo in modo semplice e chiaro; ogni domanda o commento sarà sempre ben accetto.

Come probabilmente la maggior parte di voi sa, nel nostro paese i diritti delle coppie non sposate sono quasi nulli. Al convivente more uxorio non sono riconosciuti diritti successori (una coppia di fatto è sempre obbligata a fare testamento, e comunque questo non esclude la quota di legittima che spetta in ogni caso ai famigliari stabiliti dalla legge), non è riconosciuto il diritto alla pensione di reversibilità nel caso di morte del convivente, non sono garantiti diritti in merito alle scelte legate alla salute del compagno/a, e questi solo per fare alcuni degli esempi più rilevanti.
La Costituzione non disciplina espressamente le coppie di fatto (e non c’è da stupirsi, era il 1948). L’articolo 29 della Carta “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Nella Costituzione il riconoscimento del legame affettivo chiamato famiglia dipende dal matrimonio; per la Costituzione non si può chiamare famiglia nessun rapporto che non sia basato sul matrimonio. Questo, però, non significa che disciplinare i rapporti tra i conviventi sarebbe incostituzionale, stiamo attenti. Infatti, l’articolo 2 della Costituzione “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo SIA NELLE FORMAZIONI SOCIALI OVE SI SVOLGE LA SUA PERSONALITÀ (…)”, e la famiglia di fatto è sicuramente una di queste formazioni sociali che la Costituzione riconosce e vuole garantire. Cosa significa dunque questo? Significa che la Costituzione riconosce sia la famiglia fondata sul matrimonio sia quella basata sulla convivenza, ma (che ci piaccia o no) accorda un riconoscimento privilegiato a quella fondata sul matrimonio. Quindi, nessuna legge che voglia regolare i rapporti tra i conviventi potrebbe essere dichiarata incostituzionale, a meno che non voglia prevedere una totale equiparazione dalla convivenza al matrimonio. Anche la Corte Costituzionale (prima interprete della Costituzione) ha più volte affermato che la famiglia di fatto merita riconoscimento e tutela, ma non può essere equiparata alla famiglia fondata sul matrimonio, dal momento che la Costituzione le pone su due piani diversi. 
Il punto quindi è: le coppie di fatto sono riconosciute dalla Costituzione in quanto formazione sociale in cui si svolge la personalità dell'uomo, ma mentre la famiglia fondata sul matrimonio gode di una disciplina costituzionale e quindi di una tutela, per così dire più forte, i diritti delle coppie di fatto devono essere previsti dal Parlamento con una legge apposita. Senza questa legge le coppie di fatto non potranno essere equiparate in via giurisprudenziale (dai giudici, cioè) alla famiglia fondata sul matrimonio, perchè la Corte Costituzionale, basandosi sulla Costituzione, riterrà sempre questa equiparazione incostituzionale e irragionevole.



PERCHÉ SCRIVO UN BLOG

Ho 27 anni, da grande vorrei studiare e insegnare.

Quando ero piccola pensavo che avrei voluto fare la maestra perché mi piaceva l’idea di dare i voti e usare la penna rossa.

Al liceo credevo che fosse inutile fare l'insegnante se poi dovevi diventare arido dentro come alcuni dei miei professori di allora.

All'università, invece, ho capito che l'insegnamento è passione, e per me la passione è il Diritto Costituzionale.

Capisco, uno sente parlare di diritto e pensa ad articoli, codici, leggi, cavilli e cavillini, e ha già perso ogni interesse. Ma qui stiamo parlando della Costituzione.
Ce l'avete presente la Costituzione? 139 articoli, facili da capire e rivoluzionari, che un gruppo di studiosi dalle più differenti provenienze politiche ha scritto ed elevato a “norma super primaria dell'ordinamento”. E lì, nella Costituzione, ci sono le risposte alle domande che scopriamo di avere, o le domande alle risposte che davamo per scontante.
Per questo scrivo un blog, perché vorrei provare a dire a qualcuno cosa ci vedo io nella Costituzione, che poi penso sia quello che dovrebbero vederci tutti.